La classe lavoratrice è andata invece sviluppandosi verso un tipo di umanità storicamente originale e nuovo: l’operaio di fabbrica, il proletario che ha perduto ogni residuo psicologico delle sue origini contadinesche o artigiane, il proletario che vive la vita della fabbrica, la vita della produzione intensa e metodica, disordinata e caotica, nei rapporti sociali esterni alla fabbrica, nei rapporti politici di distribuzione della ricchezza, ma nell’interno della fabbrica, ordinata, precisa, disciplinata, secondo il ritmo delle grandi macchine, secondo il ritmo di una raffinata ed esatta divisione del lavoro, la piú grande macchina della produzione industriale.
La classe proprietaria del capitale si è allontanata dal lavoro e dalla produzione, si è disgregata, ha perduto la coscienza della sua primitiva unità che era unità dialettica, unità nella lotta individualistica per la concorrenza del profitto: l’unità della classe capitalista si è identificata in una istituzione dello Stato, il governo; l’individuo ha rimesso le sue funzioni di lotta e di conquista nelle mani di una banda di avventurieri e politicanti mercenari, per ricadere nella bestialità primordiale e barbarica che nutre gli istinti piú abbietti della crapula.
La classe operaia si è identificata con la fabbrica, si è identificata con la produzione: il proletario non può vivere senza lavorare, e senza lavorare metodicamente e ordinatamente. La divisione del lavoro ha creato l’unità psicologica della classe proletaria, ha creato nel mondo proletario quel corpo di sentimenti, di istinti, di pensieri, di costumi, di abitudini, di affetti che si riassumono nell’espressione: solidarietà di classe.
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