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La superstizione attribuisce lo sciopero generale di Torino e del Piemonte, attribuisce un movimento durato dieci giorni di vita intensissima, che ha coinvolto mezzo milione di operai e contadini, che ha determinato rotture micidiali nell’apparecchio del potere di Stato borghese, che ha dimostrato la sua forza d’espansione nelle simpatie e nei consensi attivi suscitati in tutta la classe proletaria italiana, attribuisce un tale movimento alla boria regionale di un pugno di «irresponsabili», alla fallace illusione di un gruppetto di estremisti «scalmanati», alle tenebrose elucubrazioni «russe» di alcuni elementi intellettuali che complottano nell’anonimia del famigerato comitato di studio dei Consigli torinesi.
Dopo settant’anni da che Carlo Marx poteva presumere «passato già da un pezzo il tempo», la superstizione trova devoti non solo tra i minori scrittori del Corriere della Sera e del Giornale d’Italia, non solo nell’on. Edoardo Giretti ma anche nell’ufficio di direzione e di gerenza dell’organo della Confederazione generale del lavoro, che abbraccia due milioni di proletari italiani e presume attuare la prassi del marxismo in Italia.
La classe operaia torinese è stata sconfitta. Tra le condizioni che hanno determinato la sconfitta è anche la «superstizione», la cortezza di mente dei responsabili del movimento operaio italiano. Tra le condizioni mediate di secondo grado che hanno determinato la sconfitta è quindi anche la mancanza di coesione rivoluzionaria dell’intero proletariato italiano che non riesce a esprimere dal suo seno, organicamente e disciplinatamente, una gerarchia sindacale che sia un riflesso dei suoi interessi e del suo spirito rivoluzionario.
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