Nelle fabbriche non ci può essere che un’unica autorità».
Dopo il convegno di Milano gli industriali riescono ad avere dal governo assicurazioni precise: a Torino sta per succedere qualcosa di nuovo e di inaudito: il direttore del Giornale d’Italia ha fiutato, nei ministeri romani, odore di sangue e spicca un corrispondente speciale a Torino, che si precipita nelle redazioni dei giornali e nelle direzioni delle fabbriche a domandare: - Ma che succede dunque a Torino? Perché si ha tanta paura a Roma degli operai torinesi? Perché il mio direttore mi ha mandato a Torino a fare un’inchiesta sul movimento operaio e sui Consigli di fabbrica? - E subito ecco le notizie pervenire al comitato di studio: ieri sono giunte mille nuove guardie regie; oggi altre mille; forze militari ingenti si accampano nel tale e nel tal altro paese dei dintorni; piazzano batterie nei tali e tal altri punti della collina; in queste chiese, sui tetti di questi palazzi hanno appostato mitragliatrici; si lasciano costituire depositi di armi per le associazioni sussidiate dagli industriali; queste associazioni si sono messe direttamente a contatto con gli ufficiali aderenti che comandano reparti nella provincia. Intanto il corrispondente del Giornale d’Italia annunzia nelle sue lettere da Torino che gli industriali sono decisi a fiaccare la classe operaia, che gli industriali hanno giurato di sostenersi solidalmente nella lotta fino alla serrata generale, che gli industriali torinesi saranno strenuamente sostenuti da tutta la classe capitalistica italiana, che il cozzo tra operai e industriali avverrà a breve scadenza.
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