Essa tende ad accentrarsi sempre piú, tende ad arricchire sempre piú la minoranza di filibustieri e di banditi che ne costituisce il capo, al prezzo della fame e della disperazione delle grandi masse popolari.
Bisogna decapitare questo apparecchio, bisogna eliminare questa minoranza dal campo della vita politica ed economica. Il programma dell’on. Giolitti pare tenda appunto a ciò. Ma il metodo dell’on. Giolitti corrisponde alla sapienza medica di un empirico che propina un tamarindo al sofferente di tifo. Nel campo della democrazia parlamentare non esistono le forze politiche, come nel campo della produzione capitalistica non esistono le forze economiche capaci di condurre a compimento un’azione di tal genere. La produzione assume la forma del monopolio accentrato nella banca non per caso, non per ragioni contingenti, non in conseguenza della guerra: è questa la sua tendenza organica, è la sua normalità. Decapitare l’apparecchio di sfruttamento della nazione è impossibile in regime di proprietà privata, in regime di suffragio universale, in regime di democrazia borghese: il programma di governo dell’on. Giolitti, nella migliore delle ipotesi, è una utopia piccolo-borghese; dato l’uomo e il suo passato, è il tentativo di sostituire a un’oligarchia un’altra oligarchia, a un gruppo un altro gruppo.
La crisi in cui si dibatte l’Italia può essere risolta solo dallo Stato operaio. Il proletariato industriale, base dello Stato operaio, supera l’accentramento plutocratico, non lo distrugge: la macchina amministrativa, creata dai capitalisti e dai banchieri per soggiogare e sfruttare le forze produttive del paese, viene espropriata e socializzata dallo Stato operaio, viene rivolta dallo Stato operaio alla liberazione delle forze produttive oggi compresse.
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