Nella fabbrica la classe operaia diventa un determinato «strumento di produzione» in una determinata costituzione organica; ogni operaio entra «casualmente» a far parte di questo corpo costituito casualmente per ciò che riguarda la sua volontà, ma non casualmente per ciò che riguarda la sua destinazione di lavoro, poiché egli rappresenta una necessità determinata del processo di lavoro e di produzione e solo per ciò viene assunto, solo per ciò può guadagnarsi il pane: egli è un ingranaggio della macchina-divisione del lavoro, della classe operaia determinatasi in uno strumento di produzione. Se l’operaio acquista coscienza chiara di questa sua «necessità determinata» e la pone a base di un apparecchio rappresentativo a tipo statale (cioè non volontario, contrattualista, per via di tessera, ma assoluto, organico, aderente ad una realtà che è necessario riconoscere se si vuole avere assicurati il pane, il vestito, il tetto, la produzione industriale): se l’operaio, se la classe operaia fa questo, essa fa una cosa grandiosa, essa inizia una storia nuova, essa inizia l’èra degli Stati operai che dovranno confluire alla formazione della società comunista, del mondo organizzato sulla base e sul tipo della grande officina meccanica, della Internazionale comunista nella quale ogni popolo, ogni parte di umanità acquista figura in quanto esercita una determinata produzione preminente e non piú in quanto è organizzata in forma di Stato e ha determinate frontiere.
In quanto costruisce questo apparecchio rappresentativo, in realtà la classe operaia compie l’espropriazione della prima macchina, del piú importante strumento di produzione: la classe operaia stessa, che si è ritrovata, che ha acquistato coscienza della sua unità organica e che unitariamente si contrappone al capitalismo.
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