Il compagno Tasca infatti, a un certo punto, interpreta in un senso meramente «commerciale» e contabile la rappresentazione dei complessi economici di produzione espressa con le parole «riso», «legno», «zolfo», ecc.; in un altro punto si domanda quale rapporto mai debba intercorrere tra i Consigli; in un terzo punto trova nella concezione proudhoniana dell’officina che distrugge il governo l’origine dell’idea svolta nell’Ordine Nuovo, quantunque nello stesso numero del 5 giugno, in cui erano stampati l’articolo Il Consiglio di fabbrica e il commento al Congresso camerale, fosse riprodotto anche un estratto dello scritto sulla Comune parigina, dove Marx esplicitamente accenna al carattere industriale della società comunista dei produttori. In questa opera del Marx, il De Leon e Lenin hanno trovato i motivi fondamentali delle loro concezioni; su questi elementi erano stati preparati ed elaborati gli articoli dell’Ordine Nuovo che, ancora una volta e precisamente per il numero dal quale ebbe origine la polemica, il compagno Tasca dimostrò di leggere molto superficialmente e senza nessuna intelligenza della sostanza ideale e storica.
Non voglio ripetere, per i lettori di questa polemica, tutti gli argomenti già svolti per sviluppare l’idea della libertà operaia che si attua inizialmente nel Consiglio di fabbrica. Ho voluto solo accennare ad alcuni motivi fondamentali per dimostrare come sia sfuggito al compagno Tasca l’intimo processo di sviluppo del programma dell’Ordine Nuovo. In una appendice che seguirà a questi due brevi articoli, analizzerò alcuni punti dell’esposizione fatta da Tasca, in quanto mi pare opportuno chiarirli e dimostrare la loro inconsistenza.
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