L’operaio nella fabbrica ha mansioni meramente esecutive. Egli non segue il processo generale del lavoro e della produzione; non è un punto che si muove per creare una linea; è uno spillo conficcato in un luogo determinato e la linea risulta dal susseguirsi degli spilli che una volontà estranea ha disposto per i suoi fini. L’operaio tende a portare questo suo modo di essere in tutti gli ambienti della sua vita; si acconcia facilmente, da per tutto, all’ufficio di esecutore materiale, di «massa» guidata da una volontà estranea alla sua; è pigro intellettualmente, non sa e non vuole prevedere oltre l’immediato, perciò manca di ogni criterio nella scelta dei suoi capi e si lascia illudere facilmente dalle promesse; vuol credere di poter ottenere senza un grande sforzo da parte sua e senza dover pensare troppo. Il Partito comunista è lo strumento e la forma storica del processo di intima liberazione per cui l’operaio da esecutore diviene iniziatore, da massa diviene capo e guida, da braccio diviene cervello e volontà; nella formazione del Partito comunista è dato cogliere il germe di libertà che avrà il suo sviluppo e la sua piena espansione dopo che lo Stato operaio avrà organizzato le condizioni materiali necessarie. Lo schiavo o l’artigiano del mondo classico «conosceva se stesso», attuava la sua liberazione entrando a far parte di una comunità cristiana, dove concretamente sentiva di essere l’eguale, di essere il fratello, perché figlio di uno stesso padre; cosí l’operaio, entrando a far parte del Partito comunista, dove collabora a «scoprire» e a «inventare» modi di vita originali, dove collabora «volontariamente» alla attività del mondo, dove pensa, prevede, ha una responsabilità, dove è organizzatore oltre che organizzato, dove sente di costituire un’avanguardia che corre avanti trascinando con sé tutta la massa popolare.
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