Abbiamo visto il Partito popolare conquistare quasi cento seggi in Parlamento con liste di blocco, nelle quali avevano l’assoluta prevalenza i rappresentanti del barone latifondista, del grande proprietario dei boschi, del grosso e medio proprietario di fondi, esigua minoranza della popolazione contadina. Abbiamo visto iniziarsi subito e rapidamente diventare spasmodiche nel Partito popolare le lotte interne di tendenza, riflesso della differenziazione che si attuava nella primitiva massa elettorale; le grandi masse dei piccoli proprietari e dei contadini poveri non vollero piú essere la passiva massa di manovra per l’attuazione degli interessi dei medi e grandi proprietari; sotto la loro energica pressione il Partito popolare si divise in un’ala destra, in un centro e in una sinistra, e abbiamo visto quindi, sotto la pressione dei contadini poveri, l’estrema sinistra popolare atteggiarsi a rivoluzionaria, entrare in concorrenza con il Partito socialista, divenuto anch’esso rappresentante di vastissime masse contadine; vediamo già la decomposizione del Partito popolare, la cui frazione parlamentare e il cui Comitato centrale non rappresentano piú gli interessi e la acquistata coscienza di sé delle masse elettorali e delle forze organizzate nei sindacati bianchi, rappresentate invece dagli estremisti, i quali non vogliono perderne il controllo, non possono illuderle con una azione legale in Parlamento e sono quindi portati a ricorrere alla lotta violenta e ad auspicare nuovi istituti politici di governo.
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