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      Lo stesso processo di rapida organizzazione e rapidissima dissociazione si è verificato nell’altra corrente politica che volle rappresentare gli interessi dei contadini, l’associazione degli ex combattenti: esso è il riflesso della formidabile crisi interna che travaglia le campagne italiane e si manifesta nei giganteschi scioperi dell’Italia settentrionale e centrale, nell’invasione e spartizione dei latifondi pugliesi, negli assalti a castelli feudali e nell’apparizione nelle città di Sicilia di centinaia e migliaia di contadini armati.
      Questo profondo sommovimento delle classi contadine scuote fin dalle fondamenta l’impalcatura dello Stato parlamentare democratico. Il capitalismo, come forza politica, viene ridotto alle associazioni sindacali dei proprietari di fabbriche; esso non ha piú un partito politico la cui ideologia abbracci anche gli strati piccolo-borghesi della città e della campagna, e permetta quindi il permanere di uno Stato legale a larghe basi. Il capitalismo si vede ridotto ad avere una rappresentanza politica solo nei grandi giornali (400 mila copie di tiratura, mille elettori) e nel Senato, immune, come formazione, dalle azioni e reazioni delle grandi masse popolari, ma senza autorità e prestigio nel paese; perciò la forza politica del capitalismo tende a identificarsi sempre piú con l’alta gerarchia militare, con la guardia regia, con gli avventurieri molteplici, pullulanti dopo l’armistizio e aspiranti, ognuno contro gli altri, a diventare il Kornilov e il Bonaparte italiano, e perciò la forza politica del capitalismo non può oggi attuarsi che in un colpo di Stato militare e nel tentativo di imporre una ferrea dittatura nazionalista che spinga le abbrutite masse italiane a restaurare l’economia col saccheggio a mano armata dei paesi vicini.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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