Esaurita e logorata la borghesia come classe dirigente, coll’esaurirsi del capitalismo come modo di produzione e di scambio, non esistendo nella classe contadina una forza politica omogenea capace di creare uno Stato, la classe operaia è ineluttabilmente chiamata dalla storia ad assumersi la responsabilità di classe dirigente. Solo il proletariato è capace di creare uno Stato forte e temuto, perché ha un programma di ricostruzione economica, il comunismo, che trova le sue necessarie premesse e condizioni nella fase di sviluppo raggiunta dal capitalismo con la guerra imperialista 1914-18; solo il proletariato può, creando un nuovo organo del diritto pubblico, il sistema dei Soviet, dare una forma dinamica alla fluida e incandescente massa sociale e restaurare un ordine nel generale sconvolgimento delle forze produttive. È naturale e storicamente giustificato che appunto in un periodo come questo si ponga il problema della formazione del Partito comunista, espressione dell’avanguardia proletaria che ha esatta coscienza della sua missione storica, che fonderà i nuovi ordinamenti, che sarà l’iniziatore e il protagonista del nuovo e originale periodo storico.
Anche il tradizionale partito politico della classe operaia italiana, il Partito socialista, non è sfuggito al processo di decomposizione di tutte le forme associative, processo che è caratteristico del periodo che attraversiamo. L’aver creduto di poter salvare la vecchia compagine del Partito dalla sua intima dissoluzione è stato il colossale errore storico degli uomini che dallo scoppio della guerra mondiale ad oggi hanno controllato gli organi di governo della nostra associazione.
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