Tutta la viltà e tutta la bassa leggerezza del carattere italiano si sono coagulate in questa relazione. Si sente ribrezzo nell’emettere un giudizio su questi uomini che, ben pasciuti, ben vestiti, frequentatori di postriboli e di gargottes, giocatori di scopone, si pongono come superiori e come disdegnosi osservatori imparziali della classe operaia russa che da tre anni si svena per la rivoluzione, che soffre stoicamente il freddo e la fame per la sua indipendenza; dopo l’Ebreo di Verona del gesuita padre Antonio Bresciani non si è avuto in Italia un episodio piú clamoroso di maramaldismo e di incomprensione piú assoluta della storia contemporanea.
D’Aragona, Bianchi, Colombino hanno fatto spendere inutilmente migliaia e migliaia di lire al proletariato italiano: ecco la conclusione di questa avventura russa. I rilievi... obbiettivi contenuti nella relazione, la classe operaia italiana li conosceva già dal Matin e dal Corriere della Sera. Come spedizione di esperti e di intelligenti, che avrebbero dovuto proporsi di comprendere la rivoluzione russa come sviluppo storico generale e avrebbero dovuto identificare i sentimenti e le volontà reali che sono a sostegno del sistema dei Soviet, la missione confederale è fallita, mancava la condizione elementare, l’intelligenza e la capacità tecnica; è un errore tutto italiano la confusione della praticaccia burocratica con la capacità tecnica in economia e in politica.
Il proletariato italiano vorrebbe sapere: Come mai, se la situazione russa è cosí desolante come l’hanno constatata i lucidi e freddi occhi del D’Aragona, del Bianchi, del Colombino, la classe operaia, che ha rovesciato lo zar e Kerenski, non rovescia anche Lenin?
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