I socialcomunisti unitari non hanno voluto accettare le deliberazioni del II Congresso per non scindere il Partito dai riformisti e affermano di non voler scindere il Partito dai riformisti per non scindere la massa; essi hanno piombato le masse, e del Partito e delle fabbriche, nel caos piú cupo; hanno posto in dubbio la correttezza del Congresso internazionale, hanno ripudiato l’adesione del Partito al Congresso (Serrati è ritornato in Italia da Mosca come Orlando un giorno tornò da Versailles, per protestare, per scindere le responsabilità, per salvar l’onore e la gloria degli italiani), hanno screditato (o hanno cercato screditare) la piú alta autorità dell’Internazionale operaia, hanno fatto dilagare, in un ambiente propizio come il nostro, una marea putrida di pettegolezzi, di insinuazioni, di vigliaccherie, di scetticismi. Cosa hanno ottenuto? Hanno scisso il Partito in tre, quattro, cinque tendenze; hanno, nelle grandi città, scisso le masse operaie, che erano compatte contro il riformismo e i riformisti, hanno seminato a piene mani i germi dello sfacelo e della decomposizione nelle file del Partito. Cos’è dunque l’unitarismo? Quale malefizio occulto reca questa parola, che determina discordia e scissione maggiore e piú vasta affermando di voler evitare una limitata e ben precisata scissione? Ciò che è, doveva accadere. Se l’unitarismo ha provocato l’attuale sfacelo, la verità è da ricercare nel fatto che lo sfacelo esisteva già: l’unitarismo non ha altra colpa che di avere violentemente strappato una chiusura di cloaca rigurgitante.
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