La verità è che il Partito socialista non era un’«urbe», era un’«orda»: non era un organismo, era un agglomerato di individui che avevano il tanto di coscienza classista necessaria per organizzarsi in un sindacato professionale, ma non avevano in gran parte la capacità e la preparazione politica necessarie per organizzarsi in un partito rivoluzionario quale è domandato dall’attuale periodo storico. La vanità italiana faceva sempre affermare che da noi esisteva un Partito socialista tutto particolare, che non poteva e non doveva subire le stesse crisi degli altri partiti socialisti: cosí è avvenuto che in Italia la crisi sia stata artificialmente ritardata e scoppi proprio nel momento in cui sarebbe stato meglio evitarla e scoppi ancor piú violenta e devastatrice proprio per la volontà e la cocciutaggine di coloro che sempre la negarono e che ancora oggi la negano verbalmente (noi siamo unitari, che diamine!).
Sarebbe ridicolo piagnucolare sull’avvenuto e sull’irrimediabile. I comunisti sono e devono essere dei freddi e pacati ragionatori: se tutto è in isfacelo, bisogna rifare tutto, bisogna rifare il Partito, bisogna già da oggi considerare e amare la frazione comunista come un partito vero e proprio, come la solida impalcatura del Partito comunista italiano, che fa proseliti, li organizza solidamente, li educa, ne fa cellule attive dell’organismo nuovo che si sviluppa e si svilupperà fino a divenire tutta la classe operaia, fino a divenire l’anima e la volontà di tutto il popolo lavoratore.
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