La crisi che oggi attraversiamo è forse la maggiore crisi rivoluzionaria del popolo italiano. Per comprendere questa verità i compagni devono fare questa ipotesi: cosa sarebbe successo se il Partito socialista avesse subíto questa crisi in piena rivoluzione, avendo su di sé tutta la responsabilità di uno Stato? Cosa sarebbe successo se il governo di uno Stato rivoluzionario si fosse trovato in mano a uomini che lottano per le tendenze, e che nella passione di questa lotta mettono in dubbio tutto il piú sacro patrimonio di un operaio: la fiducia nell’Internazionale e nella capacità e lealtà degli uomini che ne ricoprono le cariche piú alte? Sarebbe successo ciò che è successo in Ungheria: sbandamento delle masse, rilassamento della energia rivoluzionaria, vittoria fulminea della controrivoluzione.
Gli unitari, per mania ciarlatanesca di unità, hanno oggi solo sfasciato un partito: domani, essi avrebbero determinato la caduta della rivoluzione.
Per quanto essi abbiano danneggiato la classe operaia e rafforzata la reazione, il maleficio non è decisivo: gli uomini di buona volontà hanno ancora un campo sterminato da ricoltivare e far rendere fruttuosamente.
Il popolo delle scimmie(43)
Il fascismo è stato l’ultima «rappresentazione» offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale. La miserevole fine dell’avventura fiumana è l’ultima scena della rappresentazione. Essa può assumersi come l’episodio piú importante del processo di intima dissoluzione di questa classe della popolazione italiana.
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