Sono operai e contadini nei quali non vi è e non può esservi grande capacità di prestamente comprendere i princípi della dottrina, ma esiste invece profonda l’intuizione dei bisogni della classe da cui essi sono usciti. Essi sentono un bisogno istintivo di chiarificazione e di precisione, un bisogno di conoscere e di sapere, ma in pari tempo sentono che non hanno tempo da perdere nelle accademie e nelle discussioni vane, perché le necessità dell’azione li spingono e queste essi le sentono in modo piú vivace di tutti. Ed ecco allora presentarsi in tutta la sua ampiezza il problema dei giovani, il problema di fare sí che questa energia non vada perduta, non si sciupi in tentativi vani, ma sia guidata in modo che essa dia il massimo di rendimento per tutto quanto il Partito. È un problema di educazione, ma di educazione intesa nel significato piú ampio della parola, educazione dei giovani alla disciplina dell’azione e del pensiero, ma educazione pure di tutto l’organismo del Partito, cioè infusione in esso di nuovo sangue, di nuova energia, di nuovo desiderio e di nuova capacità di conoscere e di fare.
Nel Partito socialista, la coscienza di questo problema, dei suoi termini e della sua soluzione si era a poco a poco perduta. L’organizzazione dei giovani era incerta di sé, oscillava tra il fine educativo e il fine di preparazione materiale, non aveva trovato in se stessa un equilibrio, soprattutto non aveva trovato un equilibrio che le permettesse di ingranare l’opera sua in modo armonico con quella dell’organizzazione degli «adulti». Alcuni la consideravano una cosa inutile, molti un doppione.
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