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      La questione se il periodo attuale sia da considerarsi «reazionario» diventa cosí il punto centrale della polemica tra rivoluzionari e riformisti, tra comunisti e socialisti. Dalle soluzioni diverse che si dànno al problema dipende tutto l’indirizzo da imprimere al movimento proletario, dipendono tutte le questioni di tattica e di organizzazione dei partiti rivoluzionari (è il Partito socialista un partito rivoluzionario? hanno ancora la maggioranza nel Partito socialista i comunisti unitari che pretendevano di voler restare nel terreno delle tesi dell’Internazionale comunista?).
      I comunisti negano che il periodo attuale sia da ritenersi «reazionario»: essi sostengono invece che il complesso degli avvenimenti in corso è la documentazione piú vistosa e abbondante della definitiva decomposizione del regime borghese. Questa tesi si fonda sulla esperienza politica piú comune, sulle dottrine stesse degli uomini di Stato della borghesia.
      La reazione è caratterizzata da una forma di organizzazione statale eguale all’organizzazione statale rivoluzionaria: dalla concentrazione dei poteri in un solo organismo politico. Non solo nei periodi di reazione lo Stato conserva la sua funzionalità governativa, ma anzi il periodo reazionario è appunto il periodo di piú acuta e spasmodica funzionalità governativa, di militarizzazione degli organi tutti dello Stato, di estremo accentramento, di inflessibile disciplina delle gerarchie inferiori alle superiori, o addirittura all’uno, che viene preposto dittatorialmente all’intera struttura organizzativa della società. La differenza tra reazione e rivoluzione è solo questa: la reazione concentra i poteri dello Stato per restaurare l’autorità borghese, per rinsaldare la compagine indebolita della struttura gerarchica della società capitalista; la rivoluzione usa lo stesso strumento per affermare l’autorità proletaria, per costruire una nuova struttura sociale non gerarchica ma egualitaria: differenza fondamentale, evidentemente, e che spiega come la borghesia accetti della reazione anche le misure coercitive che transitoriamente limitano le sue libertà, allo stesso modo che il proletariato accetta della rivoluzione i pesi e le coercizioni che comprende essere necessario sopportare transitoriamente per attuare i fini permanenti della sua emancipazione.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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