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      Il nome della Fiat era conosciutissimo in tutto il mondo; le sue macchine che avevano raggiunto un’invidiabile perfezione tecnica, erano molto ricercate dovunque e consentivano alla Fiat di vivere quasi esclusivamente sulle esportazioni.
      Il merito dei dirigenti e dei tecnici per questo promettentissimo sviluppo era indiscutibile. Il comm. Agnelli e l’ing. Fornaca avevano saputo provvedere ottimamente ad organizzare la loro industria ed a metterla in grado di affrontare con successo l’accanita concorrenza delle migliori case straniere. Oltre al resto, erano riusciti a guadagnarsi, con una politica liberale, la piú viva simpatia della maestranza. Non esitiamo a dire che se la Fiat avesse continuato a procedere sulla stessa strada si troverebbe ora in ben altre condizioni di fronte alla crisi industriale che imperversa.
      I capi della Fiat e primo tra di essi il comm. Agnelli, erano allora veramente «capitani dell’industria», esperti, sagaci, arditi e prudenti nello stesso tempo. In che cosa li ha trasformati la guerra?
      In cavalieri d’industria. Essi hanno abbandonato - forse contro la loro volontà che non ha potuto resistere agli eventi - la tradizione degli anni passati per cercare la fortuna nel campo della speculazione piú temeraria, nei giuochi di banca piú pericolosi. L’intensa, affannosa attività di guerra, durante la quale la Fiat aveva dovuto subire trasformazioni ed ampliamenti impressionanti, ha certamente richiesto ai capi della grande impresa industriale sforzi enormi, imponente spreco di energie.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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