Si aggiunga che innumerevoli industrie sorsero durante il conflitto mondiale, che aggruppamenti potentissimi di finanzieri si formarono nell’intento di conquistare industrie, banche, mercati. S’iniziarono per conseguenza lotte furibonde a colpi di milioni. Si cominciò a cercare nella speculazione, l’arma che permettesse di resistere agli avversari, si tentò con artifizi di borsa di far fallire i piani minacciosi dei concorrenti. Un episodio clamoroso di questa lotta formidabile è quello a tutti noto dei fratelli Perrone che tentarono con un colpo d’audacia d’impadronirsi della Banca commerciale. La Fiat non è rimasta estranea a queste competizioni. L’attività del comm. Agnelli, in altri tempi rivolta a migliorare il funzionamento dell’azienda industriale, è rimasta quasi completamente assorbita dalle manovre dei gruppi di banchieri, che si assaltavano a vicenda, dalla necessità di parare i colpi minacciosi dei nemici. L’uomo, il grande capitano d’industria, si è infiacchito rapidamente. I suoi nervi scossi violentemente dalla continua tensione gli hanno tolta la lucidità di mente, la freddezza necessaria per chi sta a capo di una grande azienda. Mentre la concorrenza industriale si trasformava in una rovinosa competizione di gruppi bancari, il capitano d’industria si trasformava fatalmente in speculatore, in cavaliere d’industria.
A questo punto è incominciata la decadenza della Fiat. Agnelli, il liberale Agnelli, scosso da tante fatiche, con un colpo di testa rinunciava alla simpatia degli operai adottando una politica reazionaria verso le maestranze.
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