Pagina (326/334)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Come era possibile non ritenere in malafede coloro che nel settembre volevano dai torinesi la spinta iniziale del movimento insurrezionale, se questi «coloro» erano gli stessi che in ogni modo, con tutte le male arti avevano nell’aprile diffamato i torinesi? Come era possibile che i torinesi non pensassero che l’offerta fosse un’abile trappola per ottenere che il movimento rivoluzionario torinese fosse definitivamente schiacciato dalla polizia che aveva a Torino concentrato un imponente apparato di truppa?
      Questa era la situazione di fatto. I comunisti torinesi sostennero la necessità dell’estensione del movimento e votarono l’ordine del giorno Schiavello-Bucco; rifiutarono, e ne avevano tutte le ragioni, di assumersi la responsabilità dell’iniziativa. A Torino si poteva, nel quadro generale di una lotta nazionale, sostenere l’urto delle forze governative e molte probabilità di vittoria esistevano; non si poteva però assumersi la responsabilità di una lotta armata senza avere la certezza che anche nel resto d’Italia si sarebbe lottato ugualmente, senza avere la certezza che la Confederazione, secondo il suo solito, non avrebbe lasciato addensare a Torino, come nell’aprile, tutte le forze militari del potere di Stato. I comunisti torinesi, anche in quella occasione, operarono con saggezza, dimostrarono di saper ragionare freddamente, di essere immuni dallo spirito di avventura che veniva loro attribuito dalle grandi barbe dell’opportunismo e del riformismo. Essi avevano fatto il loro dovere, avevano provveduto e provveduto nei limiti delle loro forze e delle loro disponibilità locali.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





Torino Schiavello-Bucco Torino Italia Confederazione Torino Stato