Benedetto XV prese un atteggiamento anche piú risoluto verso la conciliazione delle due Chiese.
Egli, tra l'altro, fondò in Roma l'Istituto orientale romano e volle assumere la presidenza, affidandone le funzioni di segretario ad un suo fido, conoscitore dell'Oriente e delle questioni ecclesiastiche orientali, il cardinale Marini. Su tale istituto, il Popolo romano scrive:
Questo Istituto, nel proposito del Papa, doveva accentrare tutte le relazioni del papato con i cattolici ed anche i non cattolici dell'Oriente. Con i quali, dunque, il pontefice, in qualità di presidente veniva a creare contatti ininterrotti, completamente all'infuori della burocrazia di Curia, malevole e spesso boicottatrice.
Non è di oggi il dissidio fra la burocrazia romana della cattolicità e le Chiese d'Oriente. Gelose della propria autonomia, queste non son mai riuscite, non potevan e non possono riuscire gradite ai prelati di Curia, il cui sogno è la strapotenza di dominio, l'accentramento assoluto, nelle proprie mani, di tutti gli interessi spirituali e temporali dell'orbe cattolico. È disgraziatamente la deformazione intima di tutte le burocrazie onnipotenti e centralistiche, da cui non si salva neppure - se pur non n'è inquinata piú d'ogni altro organismo sociale - la Chiesa cattolica.
Non è veramente da dire che la Propaganda fide abbia lasciato svolgersi senza contrasti e inciampi il piano di Benedetto. Verte ancor oggi un dissidio non trascurabile circa il controllo che la detta congregazione vorrebbe esercitare sul Collegio dei Maroniti, che i cattolici libanesi mantengono in Roma.
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