Noi non abbiamo quadri, non abbiamo collegamenti, non abbiamo servizi per abbracciare con la nostra influenza la grande massa, per potenziarla, per farla ridiventare uno strumento efficace di lotta rivoluzionaria. I riformisti sono enormemente in migliori condizioni di noi su questo punto e sfruttano abilmente la loro situazione.
La fabbrica continua a sussistere ed essa organizza naturalmente gli operai, li raggruppa, li mette a contatto tra loro. Il processo di produzione ha mantenuto il suo livello degli anni 1919-1920, caratterizzato da una funzione sempre piú ingombrante del capitalismo e quindi da una sempre piú decisiva importanza dell'operaio. L'aumento dei prezzi di costo determinato dalla necessità di mantenere mobilizzati in permanenza 500.000 aguzzini fascisti non è certo una prova brillante che il capitalismo abbia riacquistato la sua giovinezza industriale. L'operaio è dunque naturalmente forte nella fabbrica, è concentrato, è organizzato nella fabbrica. Esso è invece isolato, disperso, debole fuori della fabbrica.
Nel periodo prima della guerra imperialistica era il rapporto inverso che si verificava. L'operaio era isolato nella fabbrica ed era coalizzato fuori: dall'esterno premeva per ottenere una migliore legislazione d'officina, per diminuire l'orario di lavoro, per conquistare la libertà industriale.
La fabbrica operaia è oggi rappresentata dalla Commissione interna. Viene subito spontaneamente la domanda: - Perché i capitalisti e i fascisti, che hanno voluto la distruzione dei sindacati, non distruggono anche le Commissioni interne?
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Commissione Commissioni
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