I fascisti piú intelligenti, come Mussolini, sono persuasi, essi per i primi, della non espansività della loro ideologia «superiore alle classi» oltre la stessa cerchia di quello strato piccolo-borghese che, non avendo nessuna funzione nella produzione, non ha coscienza degli antagonismi sociali. Mussolini è persuaso che la classe operaia non perderà mai la sua coscienza rivoluzionaria e ritiene necessario permettere un minimo di organizzazione. Tenere, col terrore, le organizzazioni sindacali entro limiti ristrettissimi, significa dare il potere della Confederazione in mano ai riformisti: conviene che la Confederazione esista come embrione e che si innesti in un sistema sparpagliato di CI, in modo che i riformisti controllino tutta la classe operaia, siano i rappresentanti di tutta la classe operaia.
È questa la situazione italiana, è questo il sistema di rapporti che oggi esiste da noi tra la classe proletaria e le organizzazioni. Le indicazioni sono chiare per la nostra tattica:
1) Lavorare nella fabbrica per costruire gruppi rivoluzionari che controllino le CI e le spingano ad allargare sempre piú la loro sfera d'azione;
2) lavorare per creare collegamenti tra le fabbriche, per imprimere alla attuale situazione un movimento che segua la direzione naturale di sviluppo delle organizzazioni di fabbrica: - dalla CI al Consiglio di fabbrica.
Solo cosí noi ci terremo nel terreno della realtà, a stretto contatto con le grandi masse. Solo cosí, nel lavoro operoso, nel crogiolo piú ardente della vita operaia, riusciremo a ricreare i nostri quadri organizzativi, a far scaturire dalla grande massa gli elementi capaci, coscienti, pieni di ardore rivoluzionario perché consapevoli del proprio valore e della insopprimibile loro importanza nel mondo della produzione.
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