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      Per la rivoluzione italiana esiste già un problema pieno di incognite, quello di Roma, della capitale politica e amministrativa, dove non esiste un proletariato industriale numeroso che possa avere il sopravvento sulla numerosa borghesia: i fascisti hanno mostrato una delle soluzioni che il problema di Roma può avere. Ma essa sarebbe utopistica per la rivoluzione proletaria senza una netta vittoria a Milano, se a Milano non si crea una situazione tale per cui decine e decine di migliaia di operai devoti, entusiasti e che abbiano delle idee molto chiare e dei fini molto precisi possano essere armati e solidamente inquadrati. Il problema di Milano non è quindi una questione locale: esso è un problema nazionale e in un certo senso anche internazionale. Gli operai di Milano devono persuadersi di ciò e dalla comprensione dei doveri formidabili che incombono su di loro devono trarre tutta l'energia e tutto l'entusiasmo che sono necessari per condurre a termine il compito necessario.
      Non sarebbe difficile rintracciare le cause remote e vicine per cui a Milano si è creata l'attuale situazione, nella quale, è inutile nasconderlo, sono i riformisti ad avere l'effettivo controllo delle masse. Poche grandi fabbriche, numero infinito di piccolissime officine, grande quantità di piccoli borghesi addetti al commercio, grande numero di impiegati, tradizione democratica fortissima nei vecchi operai ecc. ecc. Ma a noi basta ricordare lo slancio rivoluzionario dimostrato sempre dalle masse operaie milanesi per giungere a queste conclusioni:


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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