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      Certo non è con questi mezzi pedagogici che può essere risolto il grande problema storico della emancipazione spirituale della classe operaia: ma non è la risoluzione utopistica di questo problema che noi ci proponiamo. Il nostro compito si limita al Partito, costituito di elementi che già, per il solo fatto di aver aderito al Partito, hanno dimostrato di aver raggiunto un notevole grado di emancipazione spirituale: il nostro compito è quello di migliorare i nostri quadri, di renderli idonei ad affrontare le prossime lotte. Praticamente queste si presenteranno anche in questi termini: la classe operaia, resa prudente dalla reazione sanguinosa, per un certo tempo diffiderà nel suo complesso degli elementi rivoluzionari, vorrà vederli al lavoro pratico, vorrà saggiarne la serietà e la competenza. Dobbiamo metterci in grado di battere anche su questo terreno i riformisti, che indubbiamente sono il partito che ha oggi i quadri migliori e piú numerosi. Se non cercheremo di ottenere ciò, non faremo mai molti passi in avanti. I vecchi amici dell'Ordine Nuovo, specialmente quelli che hanno lavorato a Torino negli anni 1919-20, comprendono bene tutta l'importanza di questo problema, perché ricordano come a Torino si sia riusciti a eliminare i riformisti dalle posizioni organizzative solo a mano a mano che dal movimento dei Consigli di fabbrica si formavano dei compagni operai capaci di lavoro pratico e non solamente di gridare: Viva la Rivoluzione! Ricordano anche come nel 1921 non sia stato possibile togliere agli opportunisti alcune posizioni importanti come Alessandria, Biella, Vercelli, perché noi non avevamo elementi organizzativi all'altezza dei compiti; le nostre maggioranze in questi centri si sono disperse per la nostra debolezza organizzativa.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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