Ma da questi dibattiti non si era mai giunti alla elaborazione di una tattica e di un programma socialista in modo da smascherare la tendenza riformista per quella che è realmente, una tendenza cioè borghese infiltratasi nel movimento operaio. Intransigente e riformista [dovevano] stare insieme nello stesso partito, il che implicava necessariamente una piattaforma comune d'azione. Questa piattaforma noi la troviamo specialmente nella base elettorale che il Partito socialista s'era data in Italia. Malgrado tutti i richiami alla lotta di classe e alle affermazioni verbali di rivoluzionarismo il Partito socialista italiano era rimasto sostanzialmente un partito democratico, a somiglianza di tutti gli altri partiti che si erano sviluppati nei limiti della II Internazionale. Questo carattere del Partito socialista è risultato in primo luogo nella tattica di fronte alla guerra. La formula di «neutralismo» che per la borghesia italiana appariva disfattista e sovversiva al lume della critica socialista è stata giudicata e condannata come una formula equivoca e opportunista. E lo era tanto infatti, che persino i social-patrioti Turati e Treves potevano accettare la stessa formula e apparire agli occhi delle masse come degli anti-guerrafondai, benché tali non fossero da ritenersi menomamente.
La guerra cessò e se ne iniziò il periodo delle conseguenze. La crisi rivoluzionaria del dopoguerra sorprende il Partito socialista impreparato ad affrontare tutti i problemi della rivoluzione proletaria.
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