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      Tutti ricordiamo ciò che è avvenuto in Italia, dopo la guerra, nel Partito socialista. Il nucleo centrale, costituito dai compagni rimasti fedeli alla causa durante il cataclisma, si restrinse fino a ridursi al numero di 16.000 circa. Al Congresso di Livorno erano rappresentati 220.000 soci, cioè esistevano nel Partito 200.000 aderenti del dopoguerra, senza preparazione politica, digiuni o quasi di ogni nozione della dottrina marxista, facile preda dei piccoli borghesi declamatori e fanfaroni che costituirono negli anni 1919-20 il fenomeno del massimalismo. Non è senza significato che l'attuale capo del Partito socialista e direttore dell'Avanti! sia proprio Pietro Nenni, entrato nel Partito socialista dopo Livorno, ma che riassume e sintetizza in sé tutte le debolezze ideologiche e i caratteri distintivi del massimalismo del dopoguerra. Sarebbe veramente delittuoso che nel Partito comunista si verificasse per rispetto al periodo fascista ciò che si è verificato nel Partito socialista per rispetto al periodo della guerra: ma ciò sarebbe inevitabile, se il nostro Partito non avesse una direttiva anche in questo campo, se esso non provvedesse a tempo a rinforzare ideologicamente e politicamente i suoi attuali quadri e i suoi attuali membri, per renderli capaci di contenere e inquadrare masse ancora piú larghe senza che l'organizzazione subisca troppe scosse e senza che la figura del Partito ne venga mutata.
     
      Abbiamo posto il problema nei suoi termini pratici piú immediati. Ma esso ha una base che è superiore ad ogni contingenza immediata.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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