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      Una volta stabilito il programma di azione, il Partito comunista impegna la propria disciplina all'azione e nello stesso tempo rivendica la propria libertà di prospettare alla classe operaia in lotta i mezzi che a suo avviso sono necessari per far fronte alle necessità derivanti dallo sviluppo stesso dell'azione. È evidente che tale libertà corrisponde essa stessa alla disciplina morale dell'azione, al rafforzamento di tutta la classe, al raggiungimento degli obiettivi e alla preparazione delle nuove lotte che la situazione obiettiva e l'interesse del proletariato richiedono.
      È ridicolo che dei partiti i quali assicurano di avere la storia con loro e di essere indistruttibili, abbiano timore di essere liquidati perché cosí «vogliono» i comunisti. Un metodo di lotta e per conseguenza il partito che se ne fa banditore non sono liquidati o valorizzati perché cosí vogliono delle persone o dei gruppi, ma sono rispettivamente valorizzati o liquidati al vaglio della realtà, di fronte alle esigenze imposte dall'azione.
      Ripetiamo che la piattaforma del fronte unico è «proposta» dal PC e che il programma effettivo non può essere che discusso, definito e accettato in comune. Per conseguenza, il PC offrendosi per primo di passare al vaglio della realtà, dimostra alla luce del sole di non essere né di voler essere una sètta, ma di porsi non a parole, ma a fatti, sul terreno degli interessi dei lavoratori.
      Quelli che dimostrano di essere una sètta e di preferire il proprio sterile «patriottismo di partito» agli interessi della classe intiera, sono precisamente coloro che respingono le proposte del PC. In un vero partito di classe «l'interesse di partito» non può in nessun caso entrare in conflitto con gli interessi di classe; quando tale antitesi esiste, vuol dire che quel partito ha cessato di essere partito di classe.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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