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      Tutta la linea politica del Partito negli anni immediatamente successivi alla scissione fu in primo luogo condizionata da questa necessità: di mantenere strette le file del Partito, aggredito fisicamente dalla offensiva fascista da una parte, e dai miasmi cadaverici della decomposizione socialista dall'altra. Era naturale che in tali condizioni si sviluppassero nell'interno del nostro Partito sentimenti e stati d'animo di carattere corporativo e settario. Il problema generale politico, inerente alla esistenza e allo sviluppo del Partito, non era visto nel senso di una attività per la quale il Partito dovesse tendere a conquistare le piú larghe masse e ad organizzare le forze sociali necessarie per sconfiggere la borghesia e conquistare il potere, ma era visto come il problema della esistenza stessa del Partito.
     
      La scissione di Livorno
      Il fatto della scissione fu visto nel suo valore immediato e meccanico e noi commettemmo, in altro senso sia pure, lo stesso errore che era stato commesso da Serrati. Il compagno Lenin aveva dato la formula lapidaria del significato delle scissioni, in Italia, quando aveva detto al compagno Serrati: «Separatevi da Turati, e poi fate l'alleanza con lui». Questa formula avrebbe dovuto essere da noi adottata alla scissione, avvenuta in forma diversa da quella prevista da Lenin. Dovevamo cioè, come era indispensabile e storicamente necessario, separarci, non solo dal riformismo, ma anche dal massimalismo che in realtà rappresentava e rappresenta l'opportunismo tipico italiano del movimento operaio; ma dopo di ciò e pur continuando la lotta ideologica e organizzativa contro di essi, cercare di fare un'alleanza contro la reazione.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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