2) l'essere il Partito assorbito dalla lotta diretta fisica portava a sottovalutare le questioni ideologiche e politiche in confronto di quelle puramente organizzative. Era quindi naturale che sorgesse nel Partito uno stato di animo contrario a priori ad approfondire ogni quistione che potesse prospettare pericoli di conflitti gravi nel gruppo dirigente costituitosi a Livorno;
3) il fatto che l'opposizione rivelatasi al Congresso di Roma e che diceva di essere la sola rappresentante delle direttive della Internazionale era, nella situazione data, un'espressione dello stato d'animo di stanchezza e di passività che esisteva in alcune zone del Partito.
La crisi subíta sia dalla classe dominante che dal proletariato nel periodo precedente l'avvento del fascismo al potere, pose nuovamente il nostro Partito dinanzi ai problemi che il Congresso di Roma non aveva avuto la possibilità di risolvere. In che cosa consistette questa crisi? I gruppi di sinistra della borghesia, fautori a parole di un governo democratico che si proponesse di arginare energicamente il movimento fascista, avevano reso arbitro il PS, di accettare o non accettare questa soluzione per liquidarlo politicamente sotto il cumulo della responsabilità di un mancato accordo antifascista. In questo stesso modo di porre la questione da parte dei democratici era implicita la preventiva capitolazione dinanzi al movimento fascista, fenomeno che si riprodusse poi nel periodo della crisi Matteotti. Tuttavia, tale impostazione se ebbe in un primo tempo il potere di determinare una chiarificazione nel PS, essendosi in base ad essa prodotta la scissione dei massimalisti dai riformisti, aggravava però la situazione del proletariato.
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