È facile immaginare che, partendo da una tale posizione, si dovesse arrivare, durante lo svolgimento del Congresso, ad atteggiamenti teorici e pratici, nei quali la drammaticità che era un riflesso della situazione generale in cui il Partito deve muoversi, difficilmente era distinguibile da un certo istrionismo che appariva di maniera a chi realmente aveva lottato e si era sacrificato per la classe operaia.
In quest'ordine di avvenimenti dev'essere posta, ad esempio, la pregiudiziale presentata dall'opposizione, subito alla apertura del Congresso, con la quale la validità deliberativa di esso veniva contestata, cercandosi in tal modo di precostituire un alibi per una possibile ripresa di attività frazionistica e per un possibile misconoscimento della autorità della nuova dirigenza del Partito. Alla massa dei congressisti, che conoscevano quali sacrifici e quali sforzi organizzativi fosse costata la preparazione del Congresso, questa pregiudiziale apparve una vera e propria provocazione e non è senza significato che gli unici applausi (il regolamento del Congresso proibiva, per ragioni comprensibili, ogni manifestazione clamorosa di consenso o di biasimo) furono rivolti allo oratore che stigmatizzava l'atteggiamento assunto dall'opposizione e sostenne la necessità di rafforzare dimostrativamente il nuovo Comitato da eleggersi con mandato specifico di implacabile rigore contro qualsiasi iniziativa che praticamente mettesse in dubbio l'autorità del Congresso e l'efficienza delle sue deliberazioni.
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