Essa si formò lentamente, a mano a mano che fin nei piú profondi strati della vita popolare, nella trincea del Carso o nel villaggio siciliano, nonostante l'Avanti! fosse ridotto a pochissime decine di migliaia di copie, arrivava la notizia che un giornale diretto da un uomo che si chiamava Serrati non piegava né alle blandizie, né alle minacce della classe dominante e che esso testardamente e intrepidamente rispondeva «No» in nome dei lavoratori a chiunque volesse in un modo o nell'altro conquistare alla guerra la coscienza delle grandi folle.
È certo che Serrati fu allora amato come mai nessun capo di partito è stato amato nel nostro paese.
Nel dopoguerra, tutte le debolezze che erano insite nella vecchia struttura del movimento socialista italiano si rivelarono violentemente.
Innanzi ai problemi che allora si ponevano, il programma di conservare la unità del Partito fino alla rivoluzione cosí come era stata conservata attraverso l'incendio della guerra mondiale diventava una illusione funesta.
Il compagno Serrati credette che ciò fosse possibile e forse si sforzò di crederlo, di persuadersene perché egli era legato da milioni e milioni di fili al passato, alla tradizione, perché gli sembrava impossibile che non potesse ottenersi nel momento di sviluppo delle forze rivoluzionarie ciò che era stato ottenuto durante la guerra, quando tutto pareva sfasciarsi nel movimento operaio di tutto il mondo e non solamente in Italia.
Noi, forse, delle generazioni giovani, non abbiamo dato tutta la importanza dovuta al dramma che allora fu vissuto.
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