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      Oggi Giolitti è nuovamente al potere, nuovamente la grande borghesia si affida a lui, per il panico che la invade innanzi all'impetuoso movimento delle masse popolari. Giolitti vuole addomesticare gli operai di Torino. Li ha battuti due volte: nello sciopero dell'aprile scorso e nell'occupazione delle fabbriche, tutt'e due le volte con l'aiuto della Confederazione generale del lavoro, cioè del riformismo corporativo. Ritiene ora di poterli inquadrare nel sistema borghese statale. Infatti, che avverrà se le maestranze Fiat accettano le proposte della direzione? Le attuali azioni industriali diventeranno obbligazioni; cioè la cooperativa dovrà pagare ai portatori di obbligazioni un dividendo fisso, qualunque sia il giro degli affari. L'azienda Fiat sarà taglieggiata in tutti i modi dagli istituti di credito, che rimangono in mano ai borghesi, i quali hanno l'interesse a ridurre gli operai alla loro discrezione. Le maestranze necessariamente dovranno legarsi allo Stato, il quale «verrà in aiuto agli operai» attraverso l'opera dei deputati operai, attraverso la subordinazione del partito politico operaio alla politica governativa. Ecco il piano di Giolitti nella sua piena applicazione. Il proletariato torinese non esisterà piú come classe indipendente, ma solo come un'appendice dello Stato borghese. Il corporativismo di classe avrà trionfato, ma il proletariato avrà perduto la sua posizione e il suo ufficio di dirigente e di guida; esso apparirà alle masse degli operai piú poveri come un privilegiato, apparirà ai contadini come uno sfruttatore alla stessa stregua dei borghesi, perché la borghesia, come ha sempre fatto, presenterà alle masse contadine i nuclei operai privilegiati come l'unica causa dei loro mali e della loro miseria.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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