Severo giudice dei bilanci altrui, successore in pectore ieri di Teofilo Rossi, d'un tratto mostra il puntino nero d'un baco che lo insozza, e la risatina degli amici, che se ne accorgono, lo rimandano nel limbo delle probabilità. Quando pare piú assorto in un problema serio, angoscioso, la sua attenzione divaga per una preoccupazione futilissima. Gli è che nel suo spirito il futile e il serio, l'angoscioso e il grottesco si confondono, si conguagliano; il baco lavora e il cervello perde la nozione dei valori. Mentre tutti sono assorbiti nei problemi dell'ora, mentre il comune si dibatte preso da ogni parte nella morsa degli errori accumulati in sette anni di sgoverno rossiano, l'uomo del baco, l'ex assessore, il sindaco rientrato è travagliato da un «essere o non essere?», che lo pone fuori di sé. Finalmente si decide, prende la sua autorità a due mani e fa togliere dall'anticamera del consiglio il n. 13 dei portamantelli. Sospira liberato da un incubo; ripensa ai sotterfugi, agli anticipi d'orario, ai giochi di nascondino cui dové ricorrere per liberare i suoi indumenti dall'influsso di quel numero fatale, gli sforzi fatti durante i discorsi ponderosi per vincere l'afasia mentale che l'incubo del 13 gli procuravano. Sospira il pover'uomo, tranquillato, alfine sicuro del segretuzzo professionale che avrebbe dovuto nascondere il puntino nero del baco. Ma ahimé, il mondo è cattivo; butta nell'immondezzaio le meline fradice, non risparmia i graziosi gingilli, ma vuol vedere, come ogni bimbo bizzoso, come essi sono fatti.
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Teofilo Rossi
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