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      Il questurino è diventato il giudice supremo della vita pubblica italiana. Egli è la verità assoluta, egli è la giustizia assoluta, egli è l'onniscienza e l'onnipotenza assoluta. Non sbaglia mai, non giudica fallacemente, non ignora mai nulla. Egli, quando è in piazza e deve affrontare un assembramento di dimostranti, conosce uno per uno gli individui cui si trova di fronte, sa quali sono pregiudicati e quali «fedina pulita», quali sono teppisti, quali galantuomini. Giudica con lucidità meravigliosa quali di questi dimostranti sono degni dell'esecuzione sommaria, e senza processo, senza accordare alcuna circostanza attenuante, dà subito luogo al carnefice, si sdoppia da giudice in carnefice, ed esegue la sentenza capitale. Egli è infallibile: nessun ricorso in cassazione è possibile contro di lui. Non esiste alcun istituto di controllo superiore che vigili sull'operato del questurino, che dia torto al questurino per qualche operazione compiuta. Egli è l'unto del Signore, è il piccolo padre della vita pubblica italiana. È arbitro, incondizionatamente, della vita e della morte dei cittadini italiani.
      Ora riflettete: cosa non potrebbe fare il questurino, che pure non fa? Le strade delle città italiane potrebbero trasformarsi in ruscelletti di sangue; ogni cantonata potrebbe quotidianamente adornarsi di quadri futuristi, naturalisti, con pennellate di materia cerebrale, con brandelli di carne, con vivacissimi colori sanguigni. I cittadini potrebbero essere costretti a passeggiare catafratti, con l'elmetto e la corazza, per evitare gli urti poco piacevoli con le pallottole errabonde.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742