Fine rivoluzionario è la libertà, intesa come organizzazione spontanea di individui che accettano una disciplina per trovar in modo piú adeguato e idoneo i mezzi necessari allo sviluppo dell'umanità spirituale loro; intesa come massimo incremento dell'individuo, di tutti gli individui, ottenuto autonomamente dagli individui stessi. I nazionalisti sono conservatori, sono la morte spirituale, perché di «una» organizzazione fanno la «definitiva» organizzazione, perché hanno per fine non un'idea, ma un fatto del passato, non un universale, ma un particolare, definito nello spazio e nel tempo.
Il rivoluzionarismo nazionalista è pertanto solo confusionarismo. Se i partiti, le classi, gli individui sono necessari storicamente, hanno un loro compito da svolgere, il proporsene l'annullamento significa anche annullare il punto di riferimento cui si dice di tanto tenere: la nazione. E il fine reale cui i nazionalisti effettivamente rivelano di tendere non è altro che il consolidamento e la perpetuazione dei privilegi di un ceto economico: gli industriali odierni, e di un ceto politico, quello costituito dalle loro proprie persone di sedicenti innovatori. A danno delle energie economiche e politiche che la lotta politica, nel libero giuoco della concorrenza, può suscitare e avvalorare. A danno della nazione, che non è alcunché di stabile e definitivo, ma è solo un momento dell'organizzazione economico-politica degli uomini, è una conquista quotidiana, un continuo sviluppo verso momenti piú completi, affinché tutti gli uomini possano trovare in essa il riflesso del proprio spirito, la soddisfazione dei propri bisogni.
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