In pochi mesi il proletariato spagnuolo ha realizzato uno sforzo rude, la cui efficacia è rivelata dai recentissimi avvenimenti: lo sciopero generale è stato proclamato e attuato a Barcellona con una fulminea unanimità che ha sorpreso e interrorito la classe proprietaria. Ma il fatto piú esemplare è stata l'istituzione della censura rossa operaia come pegno di fraterna solidarietà fra i lavoratori. Appena il governo sospese le garanzie costituzionali e comunicò il catalogo delle quistioni che i giornali non potevano trattare, il sindacato dei tipografi decretò una contro censura e interdisse ai giornali di pubblicare notizie e giudizi che potevano spezzare la disciplina rivoluzionaria degli operai; i tipografi si rifiutarono di comporre le informazioni riguardanti riprese parziali di lavoro, atti di sabotaggio, di intimidazione governativa o padronale, repressioni poliziesche o militaresche ecc.; il decreto sindacale sulla censura rossa fu scrupolosamente rispettato anche dai tipografi disorganizzati dei giornali clericali.
Il movimento operaio, sviluppatosi per contraccolpi sociali cosí repentini e anormali, si è organizzato e ha preso forma all'infuori dei tradizionali partiti sovversivi di Spagna: [esso è orientato decisamente verso il comunismo dei Consigli degli operai e contadini e ha fatto proprio il linguaggio dei bolscevichi russi (oltre Nuestra palabra, i comunisti spagnuoli pubblicano El soviet e El maximalista).]Questa formidabile spinta proletaria ha determinato nuove reazioni e nuovi orientamenti nella mentalità della classe possidente e nei ristretti gruppi politici che si succedono ininterrottamente al governo.
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