.. giolittiane.
Il capitale industriale, negli altri paesi capitalistici, è riuscito lentamente a creare un sistema di equilibrio col capitale fondiario e a ordinare lo Stato democratico costituzionale: è riuscito in Inghilterra, per esempio, per mezzo delle masse operaie, interessate all'abolizione dei dazi sui cereali e all'introduzione del libero scambio. In Italia il capitale industriale ha creato lo Stato come tale e ha spadroneggiato senza concorrenti. Il potere di Stato non si è preoccupato di niente altro che dello sviluppo, morboso spesso, del capitale industriale: protezioni, premi, favori d'ogni specie e di ogni misura. Le campagne sono state saccheggiate, la fertilità del suolo è stata isterilita, le popolazioni contadine hanno dovuto emigrare. Il potere di Stato ha difeso selvaggiamente le casseforti: gli eccidi di operai sfruttati nella fabbrica, e di contadini poveri messi nell'impossibilità di vivere dalla legislazione doganale che essiccava il suolo, faceva abbattere le foreste, faceva straripare i fiumi, non si contano nella storia italiana contemporanea. Lo Stato, per lo sviluppo dell'apparato industriale, assorbì la piccola borghesia campagnola, gli intellettuali, nei suoi organismi amministrativi, nei giornali, nelle scuole, nella magistratura: cosí la campagna non ebbe mai un partito politico proprio, non esercitò mai un peso negli affari pubblici. Il potere di Stato si accollò persino la funzione di banca degli industriali: le emissioni dei buoni al 4½ per cento servirono infatti, come è noto, a rastrellare i risparmi dei contadini e degli emigrati a centinaia di milioni: milioni che Giolitti dava alla Terni, ad Ansaldo, ecc., per forniture, per armamento, per la guerra libica.
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