Nitti ha fallito e i suoi tentativi, poiché hanno dimostrato l'impossibilità di governare politicamente la società italiana, hanno contribuito ad accelerare la disgregazione dello Stato, ad esasperarne gli intimi contrasti, ad accrescere l'avvilimento morale e la dissoluzione civile.
Il ritorno di Giolitti al potere, di questo vecchio che durante la guerra ha avuto paura, di questo uomo senza avvenire, senza previsioni del futuro a lunga scadenza, di questo vecchio che non può avere altra ambizione che di tenere fortemente in mano l'arma del potere di Stato per brandirla sulla testa dei suoi nemici; per farli tremare alla loro volta come egli ha tremato, per interrorirli come egli è stato interrorito — il ritorno di Giolitti al potere è l'avvento al potere dello spirito di terrore e di vendetta che caratterizza la piccola borghesia nel momento attuale. Questa classe che piú aveva sperato dalla guerra e dalla vittoria, ha piú perduto a causa della guerra e della vittoria; essa aveva creduto che la guerra veramente significasse prosperità, libertà, sicurezza della vita materiale, soddisfazione delle sue vanità nazionalistiche, aveva creduto che la guerra avrebbe significato tutti questi beni per il «paese», cioè per la propria classe. Ha invece tutto perduto, ha visto rovinare il suo castello del sogno, non ha piú libertà di scelta, è ridotta nella piú tormentosa miseria dal continuo aumento dei prezzi, ed è esasperata, furiosa, imbestialita: vuole vendicarsi, genericamente, incapace com'è di identificare le cause reali del marasma in cui è piombata la nazione.
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