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      Cosí l'avvento di Giolitti al potere, di questo vecchiardo senza avvenire, di questo vecchiardo che vede solo il passato e non può fare previsioni a lunga scadenza nel futuro, di questo vecchiardo che ha avuto paura e vuole fare paura, cosí l'avvento di Giolitti al potere può essere veramente assunto a simbolo dello sfacimento della società italiana, del dissolversi delle classi dirigenti, della decadenza della cultura e dell'intelligenza della casta governativa italiana.
      Gli scrittori della Stampa sperano di coinvolgere il proletariato in questa sarabanda di imbestialiti e di epilettici in preda al timor panico. Ma il proletariato ha una dottrina, il comunismo critico, che gli dà un orientamento, ha una concezione reale della storia che lo pone fuori da queste crisi di pazzia furiosa. Il proletariato sa che la guerra mondiale non fu un errore, ma una necessità dello sviluppo storico del capitalismo giunto alla fase imperialista, alla fase in cui le economie nazionali non possono piú sussistere, ma tendono a evadere dai limiti nazionali per organizzarsi internazionalmente, alla fase caratterizzata dai monopoli e dai trusts, alla fase in cui la banca diventa la forma dell'organizzazione dell'apparecchio nazionale di produzione e distribuzione. Il fallimento della guerra e della vittoria significa che questa organizzazione dell'economia non è possibile in regime di proprietà privata; in regime di proprietà privata, essa è uno spaventoso strumento di oppressione, di sfruttamento, di avvilimento della stragrande maggioranza della popolazione: pochi individui stabiliscono i piani di produzione e di distribuzione per il loro profitto, per il loro arricchimento individuale, pochi individui accentrano nelle loro mani i destini delle masse sterminate della popolazione lavoratrice e usano ogni mezzo di violenza e di frode per mantenere questo potere, per dominare questa fonte della loro ricchezza.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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