Il fascismo, come fenomeno nazionale, non può fondare un suo Stato, non può organizzarsi in potere centrale, perché si confonde già con lo Stato, perché trova già la sua centralizzazione nell'attuale governo di Giolitti; il fascismo, come fenomeno dannunziano, è una contraddizione, non è un'antitesi, è una faccia dello stesso governo giolittiano, non ha niente di rivoluzionario, perché non è capace di superare dialetticamente il suo apparente avversario, perché non è capace di sostituirlo. Lo Stato italiano si dibatte in questa sua crisi morbosa, di intimo disfacimento; può risultare da essa solo nuova barbarie, nuovo caos, nuova anarchia, nuova reazione. Mai, come in questo momento, lo Stato italiano è stato una cosa risibile, una cosa buffa: ma purtroppo, nella vita degli Stati, essere buffi e ridicoli significa impunità per i violenti e nessuna sicurezza per le persone, significa sopruso, angheria, prepotenza, significa reazione contro i lavoratori.
Ecco perché noi crediamo che la discussione odierna fra le tendenze del Partito socialista italiano interessi tutta la massa lavoratrice e non solo i «tesserati». La quistione posta è questa: avrà il proletariato rivoluzionario il suo partito indipendente di classe, capace di centralizzare tutti gli sforzi di ribellione del popolo lavoratore, capace di fondare uno Stato operaio, capace di salvare dall'attuale caos gli elementi di rigenerazione e di ricostruzione, e di organizzarli fortemente e permanentemente? Oggi il partito socialista è impari al suo compito storico, è impotente a dominare la situazione, perché contiene nel suo seno le stesse contraddizioni che dilaniano lo Stato borghese.
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