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      I socialisti non si sono mai posti seriamente la questione della possibilità di un colpo di stato e dei mezzi da predisporre per difendersi e per passare all'offensiva. I socialisti, abituati a rimasticare stupidamente alcune formulette pseudomarxiste, negano la rivoluzione «volontarista», «miracolista», ecc., ecc. Ma se l'insurrezione del proletariato venisse imposta dalla volontà dei reazionari, che non possono avere scrupoli «marxisti», come dovrebbe comportarsi il partito socialista? Lascerebbe, senza resistenza, la vittoria alla reazione? E se la resistenza fosse vittoriosa, se i proletari insorti e armati sconfiggessero la reazione, che parola d'ordine darebbe il partito socialista: di consegnare le armi o di continuare nella lotta fino in fondo? Noi crediamo che queste domande, in questo momento, siano tutt'altro che accademiche e astratte. Può darsi, è vero, che i fascisti, che sono italiani, che hanno tutte le indecisioni e le debolezze di carattere della piccola borghesia italiana, imitino la tattica seguita dai socialisti nell'occupazione delle fabbriche: si traggano indietro e abbandonino alla giustizia punitiva di un governo ricostruttore della legalità quei dei loro che hanno commesso dei delitti e i loro complici. Può darsi; è però cattiva tattica affidarsi agli errori degli avversari, immaginare i propri avversari incapaci e inetti.
      Chi ha la forza, se ne serve. Chi sente il pericolo di andare in galera, si arrampica sugli specchi per conservare la libertà. Il colpo di stato dei fascisti, cioè dello stato maggiore, dei latifondisti, dei banchieri, è lo spettro minaccioso che dall'inizio incombe su questa legislatura.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418