Nel parlare alla Camera, Mussolini ha usato forse una sola parola esatta quando, a proposito del suo modo di concepire i conflitti politici e di agire, ha parlato di blanquismo. La confessione ci permette di metterci dal punto di vista piú opportuno per cogliere e rendere con esattezza quanto istintivamente percepiamo oggi di illogico, di goffo, di grottesco, nella figura di Mussolini. Il blanquismo, è la teoria sociale del colpo di mano ma, a pensarci bene, il sovversivismo mussoliniano non aveva preso di esso che la parte materiale. Anche la tattica della III Internazionale si è detto che ha dei punti di contatto col blanquismo, ma la teoria della rivolta proletaria quale viene diffusa da Mosca e quale è stata attuata dai bolscevichi forma una cosa sola con quella marxista della dittatura del proletariato. Del blanquismo Mussolini aveva ritenuto solo l'esteriorità, o meglio, egli stesso lo aveva fatto diventare qualcosa di esteriore, lo aveva ridotto alla materialità della minoranza dominatrice e dell'uso delle armi nell'attacco violento. L'inquadramento dell'azione della minoranza nel movimento di massa, e il processo che fa della rivolta il mezzo per una trasformazione dei rapporti sociali, tutto ciò era scomparso. La settimana rossa romagnola, il tipico movimento mussoliniano, era quindi definita nel modo piú esatto da coloro che la chiamavano una rivoluzione senza programma.
Ma non basta; si può sostenere che per il capo dei fascisti le cose, da allora ad oggi, non sono cambiate.
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