La parte intransigente, che esprime la necessità della difesa diretta e armata degli interessi capitalistici agrari proseguirà nella sua azione caratteristica antiproletaria. Per questa parte, la piú importante nei confronti della classe operaia, non avrà alcun valore il «patto di tregua» che i socialisti vantano come una vittoria. La «crisi» segnerà soltanto l'uscita dal movimento dei fasci di una frazione di piccoli borghesi che hanno invano tentato di giustificare con un programma politico generale di «partito» il fascismo.
Ma il fascismo, quello vero, che i contadini e gli operai emiliani, veneti, toscani conoscono per la dolorosa esperienza degli ultimi due anni di terrore bianco, continuerà, anche magari cambiando il nome.
Compito degli operai e dei contadini rivoluzionari è di approfittare del periodo di relativa sosta, determinata dai dissidi interni delle bande fasciste, per infondere alle masse oppresse ed inermi una chiara coscienza della reale situazione della lotta di classe e dei mezzi adatti a vincere la baldanzosa reazione capitalistica.
Tra realtà e arbitrio28
Nella lettera colla quale il vicesegretario generale dei fasci, si è dimesso dalla carica, e che ha maggior valore in quanto rappresenta un'espressione del pensiero di tutto il gruppo collaborazionista parlamentarista che fa capo a Benito Mussolini, Cesare Rossi critica aspramente la degenerazione del movimento fascista provocata dai gruppi agrari:
«La nostra balda minoranza del 1919, — egli scrive, — è stata travolta dalle successive ondate impetuose di nuove forze che, non essendo né culturali né politiche, necessariamente rappresentavano solo lo stato d'animo d'artificio o d'esaltazione o interessi di classe, di casta e di zona».
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Benito Mussolini Cesare Rossi
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