Un vantaggio reale invece si rende evidente: il partito popolare subisce una fortissima oscillazione a sinistra e diventa sempre piú laico; esso finirà con lo staccarsi dalla sua destra, costituita di grandi e medi proprietari terrieri, cioè entrerà decisamente nel campo della lotta di classe, con un formidabile indebolimento del governo borghese.
Lo stesso fenomeno si profila nel campo fascista. La piccola borghesia urbana, rafforzata politicamente da tutti i transfughi del partito socialista, aveva cercato dopo l'armistizio di mettere a frutto la capacità di organizzazione e di azione militare acquistata durante la guerra. La guerra italiana è stata diretta, in assenza di uno stato maggiore efficiente, dalla ufficialità subalterna, cioè dalla piccola borghesia. Le delusioni patite in guerra avevano destato fortissimi sentimenti di ribellione antigovernativa in questa classe, la quale, perduta dopo l'armistizio l'unità militare dei suoi quadri, si sparpagliò nei vari partiti di massa, portandovi fermenti di ribellione, ma anche incertezza, oscillazioni, demagogia. Caduta la forza del partito socialista dopo l'occupazione delle fabbriche, con rapidità fulminea questa classe, sotto la spinta dello stesso stato maggiore che l'aveva sfruttata in guerra, ricostruì i suoi quadri militarmente, si organizzò nazionalmente. Maturazione rapidissima, crisi costituzionale rapidissima. La piccola borghesia urbana, giocattolo in mano allo stato maggiore e alle forze piú retrograde del governo, si alleò agli agrari e spezzò, per conto degli agrari, l'organizzazione dei contadini.
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