Ma Giolitti conosceva meglio dei massimalisti la storia del movimento socialista italiano: egli sapeva, perché in gran parte egli stesso ne era stato il creatore, che il sistema delle cooperative e tutte le altre organizzazioni di resistenza, di previdenza e di produzione della classe operaia italiana non erano nate per uno sforzo autonomo della classe operaia stessa, non erano nate per un impulso di creazione originale e rivoluzionario, ma dipendevano da tutta una serie di compromessi in cui la forza del governo rappresentava la parte dominante. Ciò che il governo aveva creato, il governo poteva distruggere. Ciò che il governo aveva creato senza ufficialmente compromettere l'autorità statale, poteva essere dal governo distrutto con lo stesso metodo. Il fascismo divenne cosí lo strumento per ricattare il partito socialista, per determinare la scissione tra la piccola borghesia incrostata tenacemente agli interessi costituiti della classe operaia e il resto del partito socialista che si limitava a pascersi di formule ideologiche, poiché si era dimostrato incapace a condurre a termine lo sforzo rivoluzionario del proletariato. Ancora una volta l'economia ha prevalso sulle ideologie. Oggi i rappresentanti degli interessi costituiti, cioè delle cooperative, degli uffici di collocamento, delle affittanze collettive, dei comuni, delle casse di previdenza hanno, sebbene in minoranza nel partito, il sopravvento sugli oratori, sui giornalisti, sui professori, sugli avvocati che perseguono irraggiungibili e vacui piani ideologici.
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Giolitti
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