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      Condotta con abilità, la ritirata doveva arrestarsi su una linea di difesa, alla cui fortificazione dovevano rivolgersi tutti gli sforzi nella retrovia. Invece dopo settembre la classe operaia è stata abbandonata a se stessa; si è trovata di fronte alle piú difficili situazioni senza una parola d'ordine precisa che le indicasse la via da seguire. La ritirata degli operai avvenuta inizialmente nel piú grande disordine non poteva non avere conseguenze funeste per la vita delle organizzazioni. Vennero infatti le prime lotte contro i licenziamenti. I metallurgici compresero che già fin da allora era necessario fermare la ritirata e resistere alla pressione del nemico. Subire i licenziamenti, come volevano gli industriali, significava prepararsi a breve scadenza ad una diminuzione di salari. La lotta appariva come una necessità urgente di difesa per tutto il proletariato. Senza volere qui indagare ancora ciò che abbiamo mille volte messo a nudo, ci accontentiamo di rilevare che gli operai metallurgici vennero lasciati soli a combattere e dovettero anche questa volta ripiegare. I licenziamenti furono fatti, ma i padroni non erano ancora contenti della forza riacquistata nell'officina. Essi volevano affermare in modo ancora piú brutale il loro potere e pensavano a nuove umiliazioni da infliggere alla classe operaia. Ed ecco giungere il turno dei salari. I metallurgici resistono: in molte parti incrociano le braccia, fermi e decisi a combattere.
      Ma anche questa volta agli operai viene a mancare una parola d'ordine, sicché essi si trovano di nuovo slegati, incerti nella lotta.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418