In quel momento la borghesia italiana doveva difendere l'unità e l'integrità dello Stato contro gli attacchi ripetuti delle forze reazionarie, rappresentate soprattutto dall'alleanza dei grandi proprietari terrieri con il Vaticano. La grande borghesia industriale e commerciale, guidata da Giovanni Giolitti, cercò di risolvere il problema con una alleanza di tutte le classi urbane (la prima proposta di collaborazione governativa fu fatta a Turati nei primi anni del XX secolo) con la classe dei braccianti agricoli; non si trattava però di un progresso parlamentare; si trattava piuttosto di concessioni paternalistiche d'ordine immediato che il regime faceva alle masse lavoratrici organizzate in sindacati e cooperative agricole.
La guerra mondiale spazzò via tutti questi tentativi. Giolitti, d'accordo con la Corona, nel 1912 si era impegnato ad agire a fianco della Germania nella guerra del 1914 (la convenzione militare firmata a Berlino nel 1912 dal generale Pollio, capo di stato maggiore italiano, entrò in vigore esattamente il 2 agosto 1914; il generale si suicidò durante il periodo della neutralità italiana, non appena la Corona si dimostrò favorevole al nuovo orientamento politico pro Intesa). Giolitti fu violentemente messo in disparte dai nuovi gruppi dirigenti, rappresentanti l'industria pesante, la grande proprietà fondiaria e lo stato maggiore, che arrivò persino a ordire una congiura per farlo assassinare.
Le nuove forze politiche, che dovevano fare la loro comparsa dopo l'armistizio, si consolidarono durante la guerra.
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