La politica francese tendeva, infatti, a imporre all'Italia una sorta di vassallaggio. I negoziati tra l'Italia e la Russia sono, in questo momento, ispirati assai piú dal desiderio di esercitare una pressione sulla Francia e sull'Inghilterra che dalla reale volontà di stabilire rapporti commerciali con la Repubblica dei soviet.
Il terreno era dunque estremamente favorevole per una offensiva comunista che doveva stabilire in modo inequivocabile:
1) il fallimento della politica estera del governo fascista che, strettamente legato alla Francia, aveva contribuito a provocare la catastrofe economica della Germania e, di conseguenza, l'asservimento dell'Italia alla Francia;
2) la politica perseguita dalla Confederazione generale dell'industria italiana contro il governo fascista e il modo con cui questo era stato costretto ad accettare il punto di vista degli industriali;
3) la funzione antimperialista della Repubblica dei soviet e la necessità, per le nazioni economicamente deboli che vogliano salvaguardare la loro indipendenza, di trovare un terreno di collaborazione economica e politica con l'Unione dei soviet.
I capitalisti, attraverso l'organo dell'onorevole Olivetti, segretario generale della Confederazione industriale, sostenevano che i nuovi negoziati con la Russia non avevano raggiunto i risultati attuali solo perché in Russia il capitalismo è stato «completamente ristabilito», perché gli stessi bolscevichi provano che la civiltà moderna significava e non può significare altro che regime capitalistico.
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