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      La conferenza dei capi dell'industria italiana e dei principali dirigenti del sindacalismo fascista, tenuta il 19 dicembre scorso a Roma, sotto gli auspici e alla presenza del presidente del consiglio Mussolini, ha dato formale riconoscimento al fallimento del programma e dei metodi del fascismo in campo sindacale.
      Tutti ricordano i tentativi disperati del fascismo, prima e dopo l'avvento al potere, di creare un movimento sindacale al proprio servizio. Tutti ricordano egualmente come questi tentativi, pur avendo dato risultati relativamente positivi fra i lavoratori delle campagne, fallirono completamente fra gli operai. È stato facile per i fascisti, date le condizioni di vita e di lavoro dei contadini poveri e dei braccianti, dispersi nei villaggi e uniti soltanto da deboli vincoli sindacali, distruggere le organizzazioni socialiste dei lavoratori agricoli e costringere con il terrore e il boicottaggio economico le masse lavoratrici della campagna ad entrare nelle corporazioni fasciste.
      Le cose hanno preso una piega del tutto diversa con gli operai industriali, eccezion fatta tuttavia dei ferrovieri, esposti alle misure coercitive dello Stato, sulla testa dei quali è sempre sospesa la minaccia del licenziamento, e dei lavoratori portuali che avevano già una organizzazione di carattere fondamentalmente corporativo, che dipendeva, nella sua azione, dalla situazione del traffico marittimo, dal movimento dei porti italiani che offrono gradi ineguali di prosperità, in rapporto diretto con il bilancio delle esportazioni e delle importazioni e i considerevoli acquisti periodici di grano, carbone e caffè.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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