La convinzione personale di Mussolini è sempre stata che l'Italia, anziché ipnotizzarsi su Fiume e la Dalmazia, compromettendo la sua sicurezza nell'Adriatico, deve acquistare questa sicurezza attraverso concessioni alla Jugoslavia, le quali le lascerebbero inoltre le mani libere nell'Oriente mediterraneo. (A questo riguardo si è avvicinato piú alla politica del Corriere della sera, della Stampa e della tendenza Nitti che a quella della grande maggioranza dei fascisti e soprattutto dei nazionalisti, ultimi venuti al fascismo.)
La questione dalmata era di fatto liquidata fin dal giorno in cui il trionfo dei partiti reazionari in Jugoslavia e la repressione del movimento contadino nei latifondi dei grandi proprietari italiani della regione, avevano dato a questi ultimi la certezza che i loro diritti non sarebbero stati sacrificati ai contadini croati.
La situazione in Dalmazia è abbastanza analoga a quella della Galizia e dei paesi baltici. I proprietari fondiari e la massa dei contadini appartengono a nazionalità diverse. Il primo discorso della Corona pronunciato a Belgrado dopo il ritorno della dinastia annunciò l'espropriazione dei latifondisti dalmati, la liberazione dei contadini dal giogo feudale e la spartizione delle terre. Tutto è oggi cambiato. L'anno scorso le truppe italiane d'occupazione si sono ritirate da certe zone del paese senza che nulla di spiacevole accadesse ai proprietari. La campagna di stampa cominciata contro di loro dagli agrari è cessata; il trattato italo-iugoslavo concluso recentemente ha cambiato la situazione.
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